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    Opera di Santa Croce e Opificio delle Pietre Dure presentano GIORGIO VASARI

    1 novembre 2016

    ULTIMA CENA

    Ritorna a Santa Croce, a cinquant'anni dall'Alluvione, il capolavoro restaurato di Giorgio Vasari, grazie all'impegno di Opificio delle Pietre Dure e al contributo di Prada, Getty Foundation e Protezione Civile.

    A cinquant’anni dall’Alluvione di Firenze riappare il grande dipinto di Giorgio Vasari che pochi possono ricordare d’aver visto: quell’Ultima Cena che acqua e fango travolsero in una sala del Museo dell’Opera di Santa Croce nel novembre del 1966. Una storia straordinaria di studi, speranze, restauro e avanguardie tecnologiche, generosità dei mecenati e attese permette ora di riconsegnare al mondo un capolavoro. Ritorna alla luce e al colore, quanto pareva spento per sempre: l’Ultima Cena è una storia che guarda al futuro.
    Irene Sanesi, presidente Opera di Santa Croce

    Il restauro dell’Ultima Cena di Giorgio Vasari di Santa Croce, a lungo considerato di pressoché impossibile recupero, e per questo rimasto per 40 anni nei depositi della Soprintendenza, rappresenta la vittoria di una sfida che l’OPD ha raccolto nel 2004 e che ha portato a compimento grazie alla sua molteplice natura di laboratorio operativo, istituto di ricerca e Scuola di restauro. Queste linee di azione hanno contribuito a costruire un progetto innovativo che ha conseguito risultati superiori alle aspettative e che ha potuto usufruire del supporto della Protezione Civile, della The Getty Foundation e di Prada, oltre al consueto sostegno da parte del nostro Ministero.
    Marco Ciatti,soprintendente Opificio delle Pietre Dure

    GIORGIO VASARI, ULTIMA CENA
    Il dipinto fu realizzato da Giorgio Vasari nel 1546 per il refettorio delle Murate, il monastero di benedettine di clausura situato nell’attuale via Ghibellina. Con la soppressione degli ordini religiosi (1808-1810) attuata dal governo francese, allora insediato a Firenze per via dell’annessione della Toscana alla Francia, anche questo monastero venne chiuso, i suoi beni incamerati e trasferiti nei depositi della città. L’Ultima Cena venne trasportata nel convento di San Marco e nel 1815 trasferita nella cappella Castellani in Santa Croce. Qui rimase per più di cinquant’anni finché negli anni ottanta dell’800 venne traslocata nell’antico refettorio, o Cenacolo, del convento, già destinato a diventare spazio museale. Con l’ampliamento del Museo, tra il 1959 e il 1962, la il grande dipinto a olio su tavola venne nell’attuale prima sala, dove rimase sommersa dall’acqua e dal fango il 4 novembre 1966.

    IL RESTAURO
    L’Ultima Cena di Giorgio Vasari, che acqua e fango travolsero in una sala di questo museo il 4 novembre del 1966, per decenni è stata conservata in un deposito della Soprintendenza insieme a molte altre opere alluvionate. Dopo cinquanta anni, grazie a nuove tecnologie, all’impegno dell’Opificio delle Pietre Dure e al sostegno di Prada, Getty Foundation e Protezione Civile è stato ultimato il miracoloso restauro e il dipinto viene ricollocato nel Cenacolo. Gran parte delle opere del Museo sono state trasferite, tra 2013 e 2014, a una quota superiore in spazi adiacenti alla Basilica, mentre per questa è stato appositamente pensato e creato un sistema di contrappesi, realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze, che ne permette il rapido sollevamento meccanico in caso di preallerta.

    Il ritorno dell’Ultima Cena a Santa Croce è un virtuoso esempio di mecenatismo che ha visto insieme, in oltre dieci anni: Prada, grazie alla quale si è potuti intervenire sul dipinto, Getty Foundation per il supporto ligneo e, inizialmente, Protezione Civile che ha permesso gli studi e le indagini.

    Abbiamo accolto con entusiasmo l’invito del FAI a sostenere - tramite l’Opificio delle Pietre Dure - il recupero, quasi la rinascita, di un’opera così importante come l’Ultima Cena di Giorgio Vasari. Siamo quindi orgogliosi di aver contribuito a restituire alla città di Firenze, dopo 50 anni, quest’opera così significativa nella sua collocazione originale e a renderla accessibile al pubblico, che potrà ammirarne la bellezza.
    Patrizio Bertelli, amministratore delegato del Gruppo Prada

    SISTEMA DI SOLLEVAMENTO PER LA MESSA IN SICUREZZA
    Nel 2011 Opera di Santa Croce, unitamente ad altri enti museali, ha sottoscritto un protocollo d’impegno a predisporre appositi piani di emergenza per la messa in sicurezza delle opere. Considerato che il preavviso massimo previsto dalla Protezione Civile non può essere superiore alle 18 ore e che in tale arco temporale non è realistico ipotizzare lo spostamento di tutte le opere, nel 2014, l’Opera ha provveduto a collocare il Cristo di Cimabue e le opere restaurate a una quota superiore al rischio esondazione. Il Cimabue, simbolo dell’alluvione del 1966, prima collocato nel Cenacolo, è adesso esposto in Sacrestia in assoluta sicurezza. Con la previsione del ritorno della tavola di Vasari si è posto il problema di una sua collocazione in sicurezza e la scelta del Cenacolo è stata valutata attentamente. Partendo dall’esperienza maturata grazie a Cimabue con un sistema d’emergenza mediante argano, le ipotesi e gli studi si sono oggi indirizzati su un sistema più semplice e affidabile. Scartate possibili apparecchiature elettriche per evitare rischi in caso di interruzione di energia elettrica, sono stati ripresi antichi metodi basati su contrappesi con carrucole: la struttura lignea di contenimento del dipinto è stata dotata di un telaio metallico al quale sono ancorate delle barre estensibili la cui estremità è fissata alla parete del Cenacolo; due catene collegano l’opera con il contrappeso posto sulla parete esterna; il sistema di ingranaggi meccanici, infine, è dotato di un blocco di sicurezza per mantenere in posizione espositiva il dipinto e di un sistema frenante. In caso di sollevamento del dipinto, il sistema frenante consente di ridurre progressivamente la velocità del movimento fino a fermare il dipinto a circa 6 metri. La quota individuata è di oltre 1 metro rispetto al battente prevedibile di una possibile alluvione. Un fermo consentirà di mantenere il dipinto in posizione elevata e in stabilità. La movimentazione può essere effettuata da una sola persona nell’arco di 5/10 minuti. Il sistema di sollevamento è nato grazie alla collaborazione tra l’Università di Firenze, Geoapp srl e l’Ufficio Tecnico dell’Opera di Santa Croce, è stato sviluppato da Sertec sas e realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze.

    SANTA CROCE E L’ARNO
    In linea con lo spirito di san Francesco il convento di Santa Croce è stato fondato nel Duecento in una zona depressa anche economicamente, più bassa dell’alveo del fiume Arno. Le alluvioni si sono dunque succedute inesorabili e non è passato secolo, talora neppure un decennio, senza una spaventosa esondazione: le più devastanti furono quelle del 1333, 1557, 1844 e 1966. Quest’ultima è stata la più terribile di tutte, con l’acqua mista a fango e nafta che negli ambienti del Museo ha raggiunto cinque metri di altezza: le opere che vi erano esposte furono sommerse e danneggiate. Simbolo del dramma il Crocifisso di Cimabue, ma anche affreschi, tavole, tele. Insieme ai cittadini, al personale della Soprintendenza, ai militari, ai volontari, agli studenti, tutti cosiddetti «Angeli del Fango», anche i frati spalarono la melma, aiutando poi a collocare le tavole in piano per evitare la caduta del colore poiché mancava il materiale necessario per fermarlo. In seguito, con mezzi spesso di fortuna, le opere furono trasportate altrove in attesa dei restauri, che hanno richiesto decenni, quando non mezzo secolo, come per l’Ultima Cena del Vasari. Tra il 2013 e il 2014 l’Opera di Santa Croce ha realizzato la prima fase di un progetto per la messa in sicurezza delle opere d’arte dal rischio alluvionale che ha avuto inizio con il complesso e delicato spostamento del grande Cristo di Cimabue dal Museo alla Sagrestia e di queste imponenti tavole nella cappella Medici.

    CENACOLO
    Il Cenacolo, cioè l’antico refettorio del convento, fu edificato nei primi decenni del Trecento quando la comunità francescana di Santa Croce contava circa centocinquanta frati. Dismesso l’uso di refettorio all’inizio dell’800, la sala è stata utilizzata come deposito e nel 1900 trasformata in spazio espositivo di opere provenienti dalla chiesa e dal convento. Oggi costituisce il cuore di un museo che è andato progressivamente ampliandosi dalla metà del Novecento e in cui le cui opere allora conservate subirono danni ingentissimi e in parte irreparabili durante l’alluvione del 1966, quando l’acqua arrivò a cinque metri d’altezza e il Museo di Santa Croce fu definito «l’epicentro del disastro». Da allora, gli straordinari interventi di restauro portati a compimento dall’Opificio delle Pietre Dure e dalle Soprintendenze fiorentine in collaborazione con Opera di Santa Croce hanno consentito il recupero di numerose e importanti opere che col tempo sono state riconsegnate alla fruizione del pubblico.

    DUE NOTTI PER VASARI
    Opera di Santa Croce
     celebra il grande ritorno
    con due aperture straordinarie e gratuite:

    venerdì 4 e sabato 5 novembre 2016
    dalle 20.00 alle 24.00

    ingresso gratuito
    da piazza Santa Croce 16

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